Gio. Nov 21st, 2024

Le mani sulla città, titolava il film di Francesco Rosi che nel 1963 denuncia la speculazione edilizia dell’Italia degli anni sessanta. Dopo circa 60 anni siamo a trattare analoghi argomenti, già preannunciati in un mio articolo del 22 agosto 2016 apparso sulle pagine de La Tribuna. Secondo il regista, causa inevitabile di tanto degrado era “la realtà sociale e ambientale che lo produce”. Oggi quella realtà si è evoluta nelle sue forme, ma la speculazione resta la stessa, anche di fronte a contesti di valore culturale, come la piccola abitazione marinara collocata lungo la riviera di Francavilla al Mare in provincia di Chieti, a ridosso della nuova pista ciclabile. Quella preziosa presenza abitativa ha resistito all’invasione edilizia del primo decennio del XXI secolo, ma poi, finita nel dimenticatoio, non ha sopportato all’ondata dei superbonus e, così, ha subito una vera e propria mutazione. Oggi è possibile vederla rinnovata dalle fondamenta, per meglio adattarsi al cemento armato che la circonda, con tanto di cappotto in materiale plastico per il nuovo ambiente che la assorbe. Ai suoi lati alte palazzine dall’aspetto contemporaneo, verso il mare la pista ciclabile asfaltata e uno stabilimento balneare anni ottanta rendono il contesto totalmente armonico. Giustizia è fatta! La piccola abitazione in laterizio, con finestre in legno e un tetto a quattro falde coperto con tegole in cotto è stata demolita. “Spazio al nuovo” è il motto popolare di quanti ritengono che la memoria del passato sia solo un nostalgico e polveroso ricordo.
Quello che la comunità ha perso oggi non è solo la memoria della tradizione edilizia locale, ma anche il simbolo di una città che ha tratto il suo sostentamento dal mare, come fonte di nutrimento e come meta attrattiva della popolazione dell’entroterra che dagli anni settanta ha cominciato ad abitare la costa. Consentire ovvero non tutelare, almeno gli ultimi brandelli di edilizia storica, offre solo utili agli speculatori del presente e conduce le future generazioni alla rinuncia della memoria del proprio passato, inducendole ad affrontare il nuovo senza una chiara prospettiva per il futuro. Non possiamo pensare di edificare la città del futuro senza avere traccia del suo passato, il rischio è la confusione urbana.